I Sarayaku, popolazione indigena dell’Amazzonia Ecuadoriana orientale, costituiscono un esemplare esempio di umani eco-compatibili e animano i nostri propositi e visioni di economia circolare e autonoma, sostenibilità, rispetto e tutela delle risorse naturali e umane, biodiversità, visione olistica della vita, solidarietà.
La loro visione biocentrica, secondo cui l’essere umano e gli altri esseri viventi sono al pari, offre una prospettiva alternativa alla comune logica occidentale antropocentrica caratterizzata dal fatto che l’uomo amministra tutto e ciò che non è umano come la Terra è ritenuto oggetto e risorsa a disposizione.
La conferenza dell’Attivismo Quantico Europeo
Questi alcuni dei temi oggetto della conferenza on-line organizzata lo scorso 11 novembre dall’Attivismo Quantico Europeo nella persona del suo Presidente Prof. Gioacchino Pagliaro, anche Direttore dell’UOC della Psicologia Ospedaliera dell’Ospedale Bellaria di Bologna e Co-Fondatore del Quantum Leadership Activism.
Alla conferenza ha partecipato in diretta satellite una rappresentanza della comunità indigena dei Sarayaku e in studio la Prof.ssa Federica Falancia, giurista, antropologa, parte del gruppo di ricerca del Centro Euroamericano per le politiche costituzionali ecologiche (cedeuam - Università del Salento) che sta elaborando una proposta di Carta dei diritti della Natura europea commissionata proprio dall’Europa.
La maggior parte delle informazioni riportate in quest’articolo in merito alla popolazione Sarayaku e alla loro visione della vita sono appunto il frutto di una ricerca di campo della Prof.ssa Falancia che ha vissuto con loro tra il 2019 e il 2020 collaborando alla riforma del loro statuto. I Sarayaku oggi la chiamano “alleata” e “amica”, cosa non facile vista la loro sfiducia verso lo straniero.
Alla conferenza hanno partecipato anche gli associati dell’Attivismo Quantico Europeo e tutti i contribuenti alla donazione di diecimila euro fatta alla comunità indigena. Parte della donazione verrà investita per proteggere la loro conoscenza delle piante e della medicina “ancestrale” che faticano a mantenere visto l’ostruzionismo statale e i continui tentativi delle imprese estrattive di entrare nel loro territorio in modi sempre nuovi.
Anche diverse aziende hanno aderito alla donazione, come azione di quel fare impresa nuovo sensibile e lungimirante attento e aperto sempre di più ad una visione olistica del business e ai temi della sostenibilità e tutela del pianeta.
L'Amazzonia non è distante da noi e non ci riguarda marginalmente. Aiutare queste popolazioni significa aiutare attivamente chi ogni giorno fa qualcosa di concreto per la preservazione del pianeta e quindi di tutti noi. Per loro la causa della Pacha Mama (Madre Terra in lingua Quechua) è la causa della vita.
Siamo collegati e interdipendenti con i Sarayaku e con tutte le popolazioni indigene: abbiamo bisogno gli uni degli altri, abbiamo bisogno della Pacha Mama, e abbiamo una responsabilità. Loro hanno bisogno del nostro supporto e sostegno, non solo economico quanto di sensibilità, consapevolezza e politico. Noi abbiamo bisogno di loro per proteggere le risorse naturali vitali per tutti della nostra Madre Terra.
I Diritti della Natura
I Sarayaku fin dagli anni 70 hanno dovuto affiancare alla loro vita pacifica anche una lotta tenace per evitare che in particolare le compagnie petrolifere si portassero via, insieme al petrolio, l’equilibrio millenario di questi luoghi.
Grazie alla loro determinazione e impegno hanno contribuito politicamente al riconoscimento e inserimento nel 2008 dei Diritti Natura nella Costituzione Ecuadoriana. La Natura (foresta pluviale in particolare) assume dunque personalità giuridica come entità viva e con diritti.
“Diritti della Natura” è un concetto importante e prezioso: è il riconoscimento del fatto che i nostri ecosistemi – alberi, oceani, animali, foreste, montagne – godono di diritti propri. I diritti della natura riconoscono che la natura ha il diritto di esistere, durare, mantenersi e rigenerare i propri cicli vitali.
Devono equilibrare ciò che è bene per gli esseri umani con quello che è bene per le altre specie e ciò che è bene per il pianeta. E’ il riconoscimento olistico che la vita e gli ecosistemi del nostro pianeta sono profondamente connessi tra loro. La sottrazione della Natura alle logiche antropocentriche e l’elevazione della sua protezione a livello costituzionale sono azioni chiave grazie le quali iniziano a prendere forma anche i diritti delle generazioni future.
A seguire negli anni sempre più corti nel mondo hanno riconosciuto i diritti della Pacha Mama come principio statale.
La trentennale tenace lotta dei Sarayaku contro violenze ed estrattivismo ha portato anche all’ottenimento nel 2012 di una eccezionale storica vittoria giuridica contro lo stato per una concessione illegale ad una compagnia petrolifera.
I Sarayaku hanno avuto una caratteristica eccezionale, hanno saputo farsi ascoltare. Hanna saputo utilizzare anche la tecnologia quando è servito. Hanno saputo parlare di diritto. Hanno saputo promuovere uno sviluppo alternativo rispetto all’industria estrattiva che era l’unica proposta economica avanzata dallo stato. Hanno saputo in certi momenti dire di no e resistere.
Altre popolazioni si sono lasciate comprare, loro no. Forse erano più forti, forse erano più fedeli alle loro tradizioni, forse avevano già visto lo scempio nel nord del paese, forse erano più immersi nella foresta. La loro è una storia magica.
I Sarayaku
Due sono i principi di vita fondamentali e imprescindibilmente di questa comunità: la ‘Living Forest’ e il ‘Buen Vivir’ (in Sarayaku la Kawsak Sacha e il Sumak Kawsay ) che sono imprescindibilmente connessi. I sarayaku sentono di svolgere le loro vite dentro un grande essere vivente che è il loro territorio, dotato di una coscienza e composto da un’insieme complesso di relazioni interdipendenti tra gli esseri che lo popolano e in cui tutti gli elementi sono vivi e hanno uno spirito. Include gli esseri dei mondi animali, vegetali, minerali, spirituali e cosmici.
Se un aspetto di questo è danneggiato, innescherà una reazione a catena che interesserà tutte le altre parti del sistema. I Sarayaku hanno relazione con la foresta intima e di interdipendenza e prendono dalla foresta solo ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere e nient'altro.
Il Buen Vivir è una prospettiva olistica che incorpora alcuni principi e qualità fondanti e interdipendenti tra loro: la cooperazione, la solidarietà, la relazione con la natura, l’armonia, la tutela della propria identità in armonia con lo sviluppo degli altri popoli. Sancisce anche il diritto della popolazione a vivere in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato che garantisca sostenibilità. Riunisce quindi la loro filosofia e stile di vita, le tradizioni native e l’uso dello spazio.
I Sarayaku sono immersi nella Terra, sono dei cacciatori raccoglitori e pescatori, la loro economia come anticipato all’inizio dell’articolo è quella che noi chiamiamo circolare, dipendente totalmente dalla relazione con il territorio. Possono vivere senza denaro, creano orti per i bisogni familiari, praticano agricoltura biodinamica da secoli, non esiste proprietà privata ma hanno un diritto di usufrutto alla vita.
Intendono il corpo umano non finito ma in continuità fluida con il territorio. Come tale è importante la presenza di armonia dentro sé stessi e all’interno delle famiglie, altrimenti anche il territorio fuori diventa debole. Sono in armonia quando si sentono in armonia con l’ambiente (relazione con l’esterno, famiglia, natura, luogo in cui vivono).
Parte fondamentale della loro conoscenza e delle loro tradizioni è rappresentata dalla figura dello sciamano. La formazione dello sciamano è lunghissima, anche 20 anni ed è di fondamentale aspetto la preparazione del corpo nel senso di pulirlo per renderlo all’altezza di parlare con la Natura. Per lo sciamano il corpo rappresenta l’anello di collegamento con il territorio. Questa preparazione avviene anche attraverso una particolare dieta.
I Sarayaku ono un esempio di sincretismo. Sono animisti (le loro divinità sono la Living Forest più divinità specifiche tipo l’anaconda, la donna selvaggia, l’uomo selvaggio) però sono anche cattolici e per loro la coesistenza di culti è una situazione normale.
Danno tantissima importanza alle relazioni, alla partecipazione, alla relazionalità, reciprocità, alla solidarietà, alla vita in comunità. Hanno ovviamente riti, celebrazioni, usanze, volte sempre alle preservazione dell’unità e della comunità.
Mirano a mantenere l’abbondanza nella foresta, conservare l’integrità del territorio e rispettare le terre considerate sacre applicando le leggi della comunità.
La loro missione è continuare ad esistere come popolo originario e curare e conservare il territorio, anche per condividere questa ricchezza con il mondo interno. Hanno come obiettivo il poter vivere tranquilli secondo il loro modello economico e preservando la loro tradizione e cultura. Vorrebbero che il loro territorio sia riconosciuto. La loro missione è poter essere i ‘guardiani’ di tutto questo.
Il Sumak Kawsay si è sviluppato anche come proposta politica che cerca il " bene comune " e la responsabilità sociale dal suo rapporto con Madre Natura e un freno all'accumulazione senza fine. Il "buon vivere" pone la realizzazione dell'essere umano in modo collettivo con una vita armoniosa basata su valori etici di fronte al modello di sviluppo basato su un approccio economicista (come produttore di beni di valore monetario) capitalista e consumista.
Un paradigma alternativo che acquisisce una dimensione cosmologica e olistica.
La lungimiranza e intraprendenza dei loro leader e le sfide del XXI secolo
Con la loro missione chiara nel cuore e nella mente, i Sarayaku hanno messo in campo alcune grandi doti di leadership e di ‘imprenditoria’ al fine del raggiungimento e difesa dei loro obiettivi.
Avendo capito che non esiste più e non può più esistere l’archetipo del “buon selvaggio”, hanno capito paradossalmente che era necessario aprirsi in parte al mondo e fare cose nuove per mantenere e preservare le loro tradizioni e la loro comunità.
La via scelta è stata quella dell’acculturamento, dello studio, dell’uscire per saper rientrare e preservare i confini. Hanno avuto l’intuizione che dovevano rivolgersi agli avvocati, hanno studiato diritto, hanno imparato ad usare internet, hanno acquistato videocamere e hanno saputo usare la tecnologia per difendere le loro tradizioni comunicando con l’esterno e con il mondo. Questo ha dato loro la possibilità di sensibilizzare il mondo relativamente la loro esistenza, i loro valori, le loro tradizioni, la lotta quotidiana che stanno sostenendo, guadagnando visibilità consenso supporto e difesa dal mondo.
E queste intuizioni, questo saper agire, può essere letto anche come un esempio di agire imprenditoriale laddove la loro impresa è mantenere la loro tradizione.
I grandi leader e le famiglie leader svolgono il difficile compito di essere i guardiani di questo sottile confine.
Ci sono leader tosti attenti e lungimiranti che assieme alla scuola educano i giovani e trasmettono loro i principi tradizioni e pensiero politico. E’ tuttavia un equilibrio molto delicato e sottile.
All’interno della comunità, e specialmente tra i più giovani, c’è una continua molta frizione tra il desiderare le cose dell’occidente e il voler restare. Anche la plastica, sebbene in misura minimale, è entrata nella loro vita e utilizzano anche la benzina per le canoe. E’ una frizione che loro sentono ma sono riusciti a confinare l’uso della “tecnologia” solo quando utile al perseguimento della loro missione. Solo per citare un esempio, il permettere ai ragazzi di andare a studiare a Quito serve anche alla loro sopravvivenza e sarebbe quasi impossibile se le canoe non fossero a motore.
Sono riusciti quindi a impostare e guidare un utilizzo molto attento e mirato della tecnologia, utilizzandola solo sapientemente laddove necessario ma non permettendole di distruggere le loro tradizioni, anzi usandola proprio per poterle preservare.
Effetti della deforestazione sul pianeta
Dagli anni Quaranta del Novecento è partita l’opera di deforestazione, quando i governi della regione hanno deciso di sfruttare le risorse forestali e minerarie. Il modello economico imposto si sviluppò per tutto il secolo e prosegue attualmente, ed è quello di un’estrazione intensiva basata sul modello occidentale di economia classico-capitalista, ossia massima utilità nel minor tempo e al minor costo possibile.
Il disboscamento permette la vendita e l'esportazione del legname, l'aumento di terreno per l'agricoltura, l’aumento degli allevamenti di bestiame, lo sfruttamento di giacimenti minerari e di combustibili fossili (petrolio in particolare, ma anche carbone, ematite, bauxite, cassiterite, manganese, uranio, cobalto, titanio, diamanti, oro).
Nel corso degli anni sono state costruite anche numerose autostrade per collegare grandi città, che non solo sono state fonti primarie di deforestazione ma hanno anche incoraggiato le costruzioni di nuovi villaggi lungo di esse, peggiorando il problema.
La deforestazione, che spesso viene eseguita mediante incendi incontrollati, produce conseguenze terribili per il pianeta. La foresta pluviale immagazzina infatti da 150 a 200 miliardi di tonnellate di CO2 e la sua continua distruzione provoca il rilascio nell'atmosfera di enormi quantità di questa sostanza. L’anidride carbonica immessa in atmosfera durante gli incendi e tutta quella che non viene più assorbita dalle piante ormai arse sono due problematiche che contribuiscono ad ingigantire l’effetto serra e il riscaldamento globale. L’anidride carbonica è uno dei principali gas responsabile dell’effetto serra e dell’innalzamento delle temperature nel nostro pianeta e poichè ce né poca nell’atmosfera, aggiungerne o toglierne un poco fa molto più effetto che aggiungere o togliere un poco di ossigeno.
Importanza della Foresta Amazzonica sul pianeta
L'Amazzonia copre oltre un terzo della foresta pluviale rimasta nel mondo ed è un autentico gioiello della natura, unico al mondo. Qui vive il dieci per cento di tutte le specie animali conosciute, tra cui il delfino di fiume del Rio delle Amazzoni, il giaguaro e il boa constrictor. Anche molti uomini dipendono per la propria sopravvivenza dalle risorse offerte dalla foresta: la regione è abitata da circa 350 popolazioni indigene, spesso legate a tradizioni e usi molto antichi.
Le foreste pluviali svolgono molteplici ruoli fondamentali, tra cui la regolazione del clima globale e del ciclo dell'acqua (il Rio delle Amazzoni raccoglie quasi il 20 per cento dell'acqua dolce che si trova sulla Terra).
E’ un enorme "polmone" terrestre e oltre a consumare e immagazzinare elevate quantità di anidride carbonica contribuisce a generare e mantenere il corretto livello di ossigeno nel pianeta e a contrastare il cambiamento climatico indotto dalle attività dell’uomo.
Le foreste catturano infatti circa un terzo dell’anidride carbonica rilasciata ogni anno a causa della combustione di gas, petrolio e carbone.
Evoluzione della Coscienza collettiva
Il riconoscimento dei Diritti della Natura avvenuto in sempre più parti del mondo è uno dei segni dell’evoluzione della Coscienza collettiva in cui si iniziano a vedere i primi segnali di ritorno di sensibilità verso un principio biocentrico rispetto quello classico del mondo occidentale antropocentrico.
E’ importante collaborare nella direzione comune di riportare al centro la Terra. L’unica bellissima casa che abbiamo e che non possiamo distruggere. La coscienza comune sta iniziando a cambiare e il settore manageriale e imprenditoriale potrebbe e forse dovrebbe assumere un ruolo di protagonista in questo ambito.
L’essere umano non ha ancora piena consapevolezza che la prossima estinzione di massa possa essere proprio la nostra. È una questione di amore per la “casa” e di se stessi e dei propri simili.
I movimenti del biocentrismo ed universocentrismo (ossia tutte le forme di vita non solo quelle biologiche) hanno così come principale missione in occidente il ricreare il legame con la natura, anche passando con la razionalità fornendo argomentazioni scientifiche.
La visione della vita dei Sarayaku è identica alla nostra idea visione olistica di attivisti quantici, con l'aggiunta del piccolo dettaglio, che loro, questa visione la attuano ogni giorno nella quotidianità. Siamo attivisti quantistici, possiamo farlo.
Visione olistica della vita
E’ il considerare tutto il conosciuto in termini di materia ed energia non separabili ed è espressione di un’intelligenza e informazioni in cui ogni entità è parte di questa totalità ed è come se sfumasse in qualcosa di più vasto. La vita è dunque qualcosa di molto più esteso a cui concorre tutto, anche le rocce e la montagna nell’esempio dei Sarayaku, e in cui l’uomo è solo un’attivazione processuale.
Il fatto ad esempio che la montagna ha uno spirito significa che ha un’energia che contribuisce in questo grande disegno collettivo della vita a contribuire un equilibrio.
La natura che crea un terremoto o una epidemia è un disequilibrio che serve a mantenere un equilibrio. Anche la morte e la scomparsa delle cose rappresentano solo un passaggio perché la vita è qualcosa di più vasto.
La visione olistica della vita significa aprirsi ad una visione allargata della realtà e include quindi anche la contemplazione e tutela del tutto e del suo equilibrio, il tutto, dove il tutto è interconnesso, intrecciato, interdipendente, la parte energetica e quella materiale.
Significa non vedere ‘spacchettate’ le varie componenti della realtà e di considerarla in termini estesi in cui coesistono la dimensione fisica e quella energetica come caratteristiche intrinsecamente legate e interdipendenti e in cui nulla è separato.
La nuova economia
La visione olistica della vita apre nuove finestre interpretative in chiave aziendale ed economica. Prospetta di superare la visione omocentrica e promuove una crescita economica che non esaurisca le risorse dell’ambiente e che consenta di proteggere e preservare la Terra come bene comune.
Include ed è fondata su Manager e Imprenditori che quindi allargano il proprio raggio di azione in modo lungimirante e olistico e includono tra le loro priorità anche la protezione dell’ambiente e il vero benessere delle comunità.
Ogni impresa azione e decisione dovrebbe avere un saldo positivo nel contribuire a questo.
Visione olistica del business e del fare impresa significano così un’economia sempre più solidale e rispettosa producendo ricchezza non disgiunta da un benessere per la comunità e per l’ambiente e tutto quello che ci sta intorno. Una nuova economia che non pensa solo alla logica riduttiva dell’azienda come micropianeta separato dal resto, ma che è attenta al contesto più ampio di cui è parte e al bene della Pacia Mama come nostra casa.
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